La prima cosa da fare dice, in questa 
intervista, Susanna Camusso, segretario generale della CGIL è detassare 
le prossime tredicesime di lavoratori e pensionati utilizzando le 
risorse recuperate dalla lotta all’evasione fiscale. 
Non crede ci siano le condizioni per la riduzione del cuneo fiscale, come ipotizzano alcuni ministri?  
“Prima
 di parlare di riduzione del cuneo fiscale credo che si debbano ridurre 
le tasse sui lavoratori e i pensionati. Ricordo che già il governo Prodi
 tagliò il cuneo fiscale ma solo a beneficio delle imprese. Così non va 
bene”.   
Il governo ha però già detto che non ci sono i presupposti per modificare le aliquote dell’Irpef.  
“Io
 penso che serva innanzitutto un segnale di discontinuità, per dare un 
po’ di soldi ai lavoratori e per rilanciare i consumi. E si può 
realizzare detassando le tredicesime fino a 150 mila euro di reddito”. 
Quanto ha stimato che costerà un’operazione di questo genere?  
E con quali risorse potrà essere coperta?
 “I costi dipenderanno da come si interverrà. Per la copertura si 
potranno utilizzare i proventi della lotta all’evasione fiscale perché 
sarebbe una misura congiunturale e non strutturale”. 
Eppure un intervento sullo scarto tra il costo del lavoro e il salario netto sarebbe un beneficio strutturale per i lavoratori.  
“Dipende
 come si fa. In questa fase si deve dare una risposta immediata ai 
lavoratori e per questo si può utilizzare quello che si ricava dalla 
lotta all’evasione fiscale. Non si può avviare la solita discussione per
 poi dire che non ci sono le risorse. I soldi si vanno a prendere dove 
ci sono”. 
E dove sono, secondo lei, i soldi? 
“Dove
 ci sono i patrimoni, dove c’è la corruzione, dove c’è il sommerso, 
oppure nelle transazioni finanziarie. Basta volerlo e le risorse si 
possono trovare”.   
Lei propone complessivamente un’altra politica economica rispetto a quella messa in campo dal governo. 
“Esatto. Ma è ormai chiaro a tutti che se si vuole aprire una stagione di sviluppo serve un cambio di passo”.   
Cosa pensa dell’ipotesi di rinforzare gli sgravi fiscali sui premi di produttività? 
“Le risorse per gli sgravi sui premi di risultato hanno subito un 
taglio da parte del governo Berlusconi e che Monti ha poi confermato. Il
 fatto che ora qualche ministro ne riparli mi pare un pentimento 
ritardato”. 
 
Le sembra poco credibile? 
“Non
 vorrei che si riaprisse una stagione nella quale si moltiplicano gli 
annunci per poi finire inesorabilmente con la fatidica frase: non ci 
sono le risorse. È per questo che sono un po’ preoccupata quando sento 
ministri che sollecitano, invitano, suggeriscono alle parti sociali cosa
 fare anziché dire loro cosa intendono fare. Mi pare, come sempre, un 
rovesciamento dei problemi”.   
Tuttavia
 è difficile dare torto al governo quando sostiene che l’incremento 
della produttività dipende prevalentemente dai comportamenti di imprese e
 lavoratori.  
“Non c’è dubbio. Infatti abbiamo sottoscritto a 
giugno la riforma del modello contrattuale che affrontava proprio il 
nodo della produttività. Diciamo che su questo punto siamo un po’ più 
avanti del governo. Piuttosto, mi pare che in questa fase più che di 
produttività bisognerebbe, purtroppo, affrontare la questione 
dell’assenza o almeno della perdita di produzione nel nostro Paese”.   
Su questo cosa può fare il governo?  
“Intanto dovrebbe smettere di tagliare posti di lavoro. Perché è finito
 il tempo del rigorismo senza risposte. In questo senso vediamo come 
arrivata al capolinea l’esperienza del governo Monti. L’unica risposta 
che questo governo doveva dare era proprio quella della difesa dei posti
 di lavoro”.   
Non mi pare che sia il governo a tagliare l’occupazione.  
“Come
 no? E quello che sta succedendo nel pubblico impiego? Senza la modifica
 del Patto di stabilità interno, gli enti locali dovranno tagliare i 
servizi. Questo vuol dire tagli all’occupazione non solo alle cose! Se 
il lavoro non è considerato una ricchezza e lo si considera solo un 
fattore di costo, sarà difficile uscire dalla recessione. Ci sarebbe più
 occupazione anche se si agisse sulla base di una politica industriale, 
indicando i settori strategici e le relative politiche”. 
La Confindustria chiede il credito di imposta per chi investe in innovazione e ricerca. Che ne pensa?  
“È dal 2009 che lo proponiamo”. 
Il 
ministro Fornero ha detto che bisogna pensare a una decontribuzione per 
le imprese che abbiamo il record di utilizzo della manodopera. Lei è 
d’accordo?  
“Non capisco di cosa parli il ministro. Mi pare che si
 parli di lavoro senza sapere cos’è. Non è intensificando lo 
sfruttamento che si risolvono i problemi. Basta guardare quello che 
accade alla Fiat”. 
 
Insomma, non crede che ci siano le possibilità di un patto per la competitività?  
“Vedremo cosa ci dirà il governo al tavolo. Se si limiterà a fare 
esortazioni agli altri, non credo che si andrà molto lontano”. 
Se servisse a rilanciare lo sviluppo, sareste disposti a rivedere il modello contrattuale?  
“Lo abbiamo riformato con l’accordo del 28 giugno scorso. Si tratta di 
attuare quell’accordo non di riformarlo. Se poi qualcuno nel governo 
pensa che si debba mettere in soffitta il contratto nazionale riceverà 
la stessa risposta che ha già avuto Berlusconi”. 
 
Dalla CGIL non sembra arrivare alcuna apertura al governo. Vi preparate allo sciopero generale?  
“Il
 28 settembre ci sarà quello dei lavoratori pubblici indetto da noi e 
dalla UIL. Il Direttivo della CGIL valuterà il 10 e l’11 settembre come 
intensificare la mobilitazione se non arriveranno risposte dal governo”. 
Senza risposte ci sarà lo sciopero generale?  
“Sarà necessario. E speriamo che sia di CGIL, CISL e UIL”. 
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