Art.1

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venerdì 2 maggio 2014

Nota tecnica del SILP CGIL Piemonte sul bonus di 80 € mensili – DL n. 66 del 24 aprile 2014

Interventi in materia fiscale – Decreto Legge n. 66 del 24 aprile 2014 (G.U. n. 95)

Il Capo 1 del Titolo I del decreto ha come scopo dichiarato di rilanciare l’economia attraverso la riduzione del cuneo fiscale. Al suo interno, l’articolo 1 si occupa del “bonus” di 640 euro, 80 mensili da maggio, per lavoratori dipendenti ed assimilati.
Dal testo della norma capiamo che di tale importo saranno destinatari:

• I lavoratori dipendenti;
• soci lavoratori di cooperative;
• titolari di borse di studio ed assegni di ricerca;
• collaboratori a progetto e co.co.co.;
• sacerdoti;
• titolari di prestazioni pensionistiche complementari;
• lavoratori socialmente utili;

Il bonus sarà erogato in relazione ai giorni lavorati nell’anno, a condizione che l’imposta lorda sia superiore alle detrazioni spettanti ex articolo 13 comma 1 del TUIR, cioè le detrazioni per lavoro dipendente. In pratica sarà necessaria la non incapienza rispetto alle sole detrazioni base, con esclusione, quindi, delle detrazioni diverse (es. per familiari a carico). Per questo motivo riceveranno gli 80 euro mensili di credito anche coloro i quali raggiungono l’incapienza a causa dell’azione di tali ulteriori detrazioni.
Una recente Circolare della Agenzia delle entrate (n. 9/E del 14 maggio 2014) ha specificato che il salario di produttività non concorre a definire il reddito complessivo ( fino a 26.000 euro) per il diritto al bonus.
Gli 80 euro mensili non vengono calcolati attraverso una modifica della formula della detrazione prevista dall’articolo 13 comma 1 del TUIR, che quindi rimane quella da ultimo modificata dalla legge Stabilità 2014, Legge 147/2013.
Il credito di 640 euro spetterà per intero, e non fino a concorrenza con l’imposta lorda, quindi, dagli 8.145 euro (soglia aumentata rispetto agli 8.000 previsti fino al 2013) ai 24.000 euro annui, in caso di lavoro nell’intero anno.
Dai 24.001 euro annui l’importo massimo del bonus sarà decrescente fino ad azzerarsi ai 26.000 euro seguendo la formula 640 X (26.000 – Reddito complessivo) / 2000
Il costo stimato per questo provvedimento è valutato dalla relazione tecnica in 6.655,30 milioni di euro.
La norma parla di reddito complessivo, il che includerebbe tutti i redditi posseduti dal contribuente, ma la circolare numero 8/E del 28/04/2014 dell’Agenzia delle Entrate ci indica che debba essere esclusa la rendita della casa d’abitazione.
Il credito dovrà essere erogato mensilmente, dalla mensilità di maggio 2014, in automatico e senza bisogno di presentare domanda, direttamente dai sostituti d’imposta, e da questi recuperato dalle stesse ritenute Irpef dovute. Per l’eventuale parte eccedente, i datori di lavoro o committenti potranno recuperare attraverso la quota di contributi previdenziali dovuti per il singolo lavoratore. Le quote di contributi non versati saranno, a loro volta, recuperate da Inps nella sua veste di sostituto d’imposta nei confronti dell’erario attraverso equivalenti minori versamenti.
Il bonus erogato sarà segnalato sul CUD 2015.
La circolare 8/E specifica che il bonus spetta anche ai lavoratori che non abbiano un sostituto d’imposta (es. lavoratori domestici) e a chi abbia avuto un reddito da lavoro dipendente o assimilato che sia cessato prima di maggio 2014; in questi casi il bonus, riproporzionato, sarà erogato in sede di dichiarazione dei redditi 2014.
Attualmente il bonus è limitato all’anno 2014, ma il Governo ha dichiarato che in legge Stabilità provvederà a renderlo strutturale, con relativo reperimento delle necessarie coperture. Il provvedimento, come detto, si propone la diminuzione del cuneo fiscale, inteso come differenza tra quanto erogato al lordo dal datore di lavoro e quanto incassato dal lavoratore.
In un momento di stagnazione salariale, prevedere 80 euro mensili in busta paga per i lavoratori a reddito medio/basso può essere una boccata di fiducia oltre ad un impulso alla domanda interna; infatti, lavoratori con redditi inferiori a 26.000 euro è valutato che abbiano una elevata propensione al consumo.
È bene tuttavia notare anche che il limite di reddito è personale, ed ignora totalmente la situazione reddituale del nucleo familiare di appartenenza.
Quindi, ad esempio, una famiglia di due lavoratori incapienti non riceverà nulla, come nulla riceverà una famiglia monoreddito in cui entrano 30.000 euro annui.
Riceverà invece più bonus una famiglia in cui entrambi i coniugi, ed eventualmente anche il figlio convivente guadagnino 23.000 euro annui ciascuno.
Il provvedimento si configura quindi come un intervento di restituzione fiscale a redditi duramente colpiti dalla crisi, ma che esclude una gran parte dei redditi bassi, in special modo pensionati e incapienti.
In merito ai redditi da pensione, crediamo che sarebbe comunque stato utile prevedere un qualche tipo di azione, visto che anche i redditi di questi ultimi hanno pagato un alto prezzo alla crisi, con le rivalutazioni delle pensioni, anche medio/basse, bloccate nel 2012 e nel 2013, col passaggio al contributivo, e con la storica progressiva perdita di potere d’acquisto delle pensioni rispetto ai salari.
Per quanto riguarda i lavoratori incapienti crediamo sia necessario per essi provvedere ad arginare la caduta verso la povertà, e non esclusivamente con azioni che prevedano un bonus monetario, ma con un mix tra provvigioni e servizi pubblici di qualità (welfare, politiche abitative, sanità ecc.), che possano anche permettere una riqualificazione professionale ed un miglioramento delle condizioni di vita attraverso il lavoro.
Infine, occorre porre molta attenzione al crescente populismo insito nel riversare sui tagli di spesa il compito di coprire innumerevoli obiettivi della politica economica.
A parte il fatto che se non si agisse con una selezione intelligente, colpendo gli sprechi e le clientele, ulteriori tagli, se non ben concentrati, rischiano di produrre torsioni recessive, riducendo la domanda pubblica, facendo ricadere l’Italia in una spirale di bassi consumi e bassi investimenti che portano a diminuzione del PIL e quindi aumento del debito in proporzione, in tal modo rischiando di annullare i già insufficienti contributi allo sviluppo prodotti dalla operazione su bonus fiscale.