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martedì 16 luglio 2013

Caso Ablyazov-Shalabayeva, coinvolti i vertici di polizia

Agenzia stampa Lettera43.
Il caso dell'espulsione dall'Italia di Alma Shalabayeva incastra i vertici della polizia. Da Giuseppe Procaccini, capo gabinetto del Viminale all'intero Dipartimento della Pubblica sicurezza: tutti erano a conoscenza dell'operazione del 28 maggio, quando con un blitz nella villa di Casal Palocco alle porte di Roma, la moglie di Mukhtar Ablyazov (il miliardario ha ottenuto asilo politico in Gran Bretagna nel 2011, ma a febbraio 2012 è stato condannato a 22 mesi di carcere dall'Alta corte britannica ed è scappato) fu condotta nel Centro di identificazione ed espulsione e da lì poi estradata in Kazakistan.
Tra i nomi di coloro che erano a conoscenza dell'operazione, come riferito dal quotidiano La Repubblica, c'erano anche il capo della Criminalpol Francesco Cirillo e il prefetto Alessandro Marangoni che nell'ultima settimana di maggio era il capo dela polizia pro-tempore in attesa dell'insediamento di Alessandro Pansa, che ha raccolto l'eredità di Antonio Manganelli solo il 31 maggio.
LA CELERITÀ DELLA POLIZIA. Quindi tutti i vertici della polizia sapevano ciò che stava accadendo. E lavorarono con celerità per soddisfare le richieste dell'ambasciatore kazako in Italia Adrian Yelemessov e del suo primo consigliere che, informati da un'agenzia privata di Roma della presenza del dissidente Ablyazov nella villa di Casal Palocco, avevano chiesto l'intervento per l'arresto, visto che il 50enne ex delfino del presidente Nursultan Nazarbayev è ricercato per frode fiscale (il mandato è stato deciso dal governo di Astana).
Da quanto ha scritto il quotidiano di Ezio Mauro, infatti, a informare Marangoni fu Alessandro Valeri, capo della segreteria del Dipartimento di pubblica sicurezza, prefetto prossimo alla pensione e molto vicino a De Gennaro.
Valeri incontrò i diplomatici del Kazakistan e poi riferì al capo pro-tempore della polizia, che diede il nulla osta per procedere al blitz con rapidità.
MARANGONI NON COMMENTA. Marangoni, però, come già fatto da Procaccini, ha preferito non commentare quanto accaduto. E ha preferito celarsi dietro lo stesso «obbligo di riservatezza» scelto dal capo gabinetto del Viminale: entrambi attendono infatti la relazione del nuovo capo della polizia che deve riferire al ministro dell'Interno Angelino Alfano entro giovedì 18 luglio.
Rimane però un mistero come il responsabile del Viminale, nonostante i vertici della polizia ne fossero a conoscenza, fosse rimasto all'oscuro di tutto fino alla chiamata del ministro degli Esteri Emma Bonino avvenuta il 1 giugno, a blitz avvenuto e con Shalabayeva e la figlia Alua di sei anni ormai arrivate ad Almaty in Kazakistan. Se la Farnesina ha scaricato le responsabilità, il premier Enrico Letta si è schierato a copertura del vicepremier Alfano.
SECONDO BLITZ NELLA VILLA. Alla fine dell'operazione è certo che Marangoni non riferì direttamente a Procaccini. Ma restano i dubbi su quanto fatto da Valeri.
Dopo il blitz, infatti, il Dipartimento della Pubblica sicurezza fece pressioni per una seconda perquisizione nella villa di Casal Palocco sul questore di Roma Fulvio Della Rocca. Un pressing che si può spiegare, stando a quanto riferito dai giornali, con nuove richieste da parte dei diplomatici del Kazakistan.
L'ASSENZA DEGLI 007 ITALIANI. Ultimo nodo è quello che riguarda il ruolo dell'intelligence italiana.
L'Aisi, il nostro controspionaggio, non era a conoscenza che appena fuori Roma vivesse la moglie di Ablyazov, che era scappato dal Kazakistan per rifugiarsi a Londra, ma da qui aveva ripreso il suo peregrinare, visto che a giugno 2012 l'Alta corte della Gran Bretagna aveva disposto il sequestro dei suoi beni.
In realtà nella notte del bliz c'era uno 007 italiano, ma si trattava di un pensionato dell'Aise, lo spionaggio militare, passato al servizio dell'agenzia d'investigazione privata cui si sono rivolti i diplomatici kazaki per scovare Shalabayeva.