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mercoledì 13 aprile 2016

Nicola Rossiello: “Meno slogan e più politiche per la sicurezza”

Rilanciamo l'intervista di Vito D'Ambrosio al Segretario Generale Nicola Rossiello sui temi della sicurezza a Torino, il cui testo integrale è pubblicato sul sito di Progetto Torino.


Nicola Rossiello è poliziotto e sindacalista. È il segretario generale piemontese del Silp Cgil. Il Silp è il sindacato italiano dei lavoratori di polizia costituitosi nel 1999. La sua missione, è scritto in un loro documento, “È anche quella di proporre strategie di sicurezza innovative per tutti i cittadini che sappiano guardare alle fasce più deboli della nostra società”. Nello stesso documento si sottolinea l’importanza delle sinergie “Tra le Forze di Polizia ed Enti locali, sulla concertazione dei criteri d’intervento e sulla qualificazione professionale degli operatori”. Il Silp Cgil vuole “Realizzare una rappresentanza non corporativa nelle Forze di Polizia, la sola capace di garantire una partecipazione reale e trasparente degli operatori ai processi di cambiamento di questo delicato settore dello Stato”. Rossiello pensa che “Il nostro dovrebbe essere un intervento residuale. Dobbiamo arrivare quando tutte le altre strade sono state percorse”. Secondo il sindacalista “Quando la politica è fragile e come avviene da vent’anni a questa parte noi siamo il primo impiego”. Nicola Rossiello non propone facili slogan ma ragionamenti e pensieri che devono essere tenuti in considerazione da chi si candida al governo della cosa pubblica.

Lei ha parlato di concertazione, scambio di esperienze tra Forze di Polizia ed Enti locali: si è realizzata questa sintonia durante la Giunta Fassino tra le parti per sviluppare attività di messa in sicurezza del territorio?

“Genericamente c’è stato un livello di dialogo e confronto con le rappresentanze dei lavoratori di polizia non entusiasmante. Credo si sia sviluppato di più in ambito istituzionale. Però, penso, che parlando di sicurezza dobbiamo dire con forza che da soli non si costruisce nulla. Parlare di sicurezza è come parlare di una trama di tessuto dove ogni filo è un punto di vista, una energia e dunque una risorsa”.

Come si costruiscono i processi che riguardano la sicurezza?

“La sicurezza si costruisce innanzi tutto con delle politiche sociali appropriate: con interventi sul territorio. A Torino, ad esempio, se si attraversa Barriera di Milano, che in questo momento è forse il luogo più critico, ci si rende conto quanto è alto il deficit di intervento di quello che definisco ‘organismo città’. Perché ci sono dei veri e propri buchi di progettazione e di visione urbanistica della città”.



Questo è un problema che lei ascrive alla politica che non fa il suo mestiere oppure alla diffusa idea che occorre parlare alla ‘pancia’ delle persone con parole d’ordine populiste?

“Alimentare visioni xenofobe tipo ‘prima gli italiani’ non è certo un atteggiamento recente. Pensiamo al ministro degli interni Maroni che stabilì che la priorità era il contrasto all’immigrazione clandestina spostando la maggior parte delle risorse su questo tipo di strategia. Tra l’altro non c’è nessun riscontro che quella scelta politica sia stata una scelta buona. Nei fatti abbiamo buttato valanghe di denaro per avere un ritorno bassissimo e nel frattempo le risorse sono state tolte al controllo del territorio.”

Quando parla di controllo del territorio cosa intende?

“Il controllo del territorio non è una ‘prospettiva’ militare. Il controllo del territorio è la sua conoscenza che presuppone delle relazioni tra le forze polizia tutte, comprese le polizia locali che hanno una funzione straordinaria perché svolgono un lavoro di prossimità. Cioè tutti devono conoscere ed interagire sul territorio. C’è chi teorizza la sicurezza di vicinato. Cioè costruire un rapporto tra cittadini in maniera tale che un pezzo della sicurezza faccia riferimento a quello di una rete”.

Rete che par di capire dovrebbe tenere insieme le Forze di Polizia, ma anche i commercianti, gli artigiani e in generale tutte le parti sociali che insistono sul territorio. Ma questa attività diffusa si è fatta in questi anni?

“Io credo che in alcune aree della città come Barriera di Milano, Borgata Aurora e altre questa attività non è riuscita. Credo anche che in alcuni casi si sia fatto: ci sono soggetti che sono stati sensibili. Penso ai temi dell’integrazione dove Ilda Curti (Assessora al coordinamento politiche per la multiculturalità e per l’integrazione dei nuovi cittadini. Ndr) non si è risparmiata. E neanche penso che questa amministrazione comunale uscente non sia sensibile a queste tematiche. Tuttavia qualcosa è mancato”.

Cosa pensa dovrebbe fare la politica ancorché di centro sinistra?

“Si deve riprendere il ragionamento da questo punto di vista. Cioè che si facciano degli interventi che rimettano al centro la rete che dicevo prima. Dobbiamo pensare alla città come ad un organismo vivente: la sicurezza è una parte di questo organismo che non funziona. I motivi sono molti: errori di progettazione, spazi mal utilizzati. Occorre farlo funzionare. Io la prospettiva di interventi con decine di volanti non ce l’ho. Perche le volanti non basterebbero mai. Mentre se hai l’esperienza sul campo allora le azioni possono essere diverse. Serve una regia unica. Le tre Forze di Polizia, poi la Polizia Municipale, poi c’è l’amministrazione locale, poi ci sono i vari gruppi d’interessi dei cittadini: tutto questo va messo insieme. Se i fili della rete non si intrecciano correttamente si creano dei buchi. Ovvero dei punti deboli che in definitiva da piccolo buco diventa una voragine”.

Parliamo degli operatori di polizia: qual è il loro punto di vista?

“Il poliziotto lamenta innanzi tutto la carenza di risorse. Sotto tutti i profili. Dal punto di vista delle istanze di natura economica abbiamo subito dei tagli economici paurosi. E poi penso all’attrezzatura: giubbotti anti proiettili scaduti, materiali vecchi, una scarsissima attenzione alla sicurezza sul lavoro. Contratto di lavoro ultra scaduto e il Governo non ha voluto sedersi al tavolo per negoziarne un altro”.

È che altro?

“Quello che voglio sottolineare è che i costi a carico dei lavoratori di polizia sono enormi. Il lavoratore di polizia neanche si chiede di mettersi al sicuro quando opera. Per un lavoratore di polizia non porsi il problema della sicurezza sul lavoro è normale. Eppure le norme sulla sicurezza sui luoghi di lavoro si rivolgono a tutti i lavoratori senza nessuna distinzione. E qui apriremmo un capitolo enorme”.

In conclusione cosa si aspetta dalla politica per mettere in campo soluzioni e ragionamenti su questo complesso comparto?

“Interventi seri. Soprattutto dal punto di vista del degrado della città e sul disagio sociale. Questo è il punto di partenza importante”.