Art.1

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lunedì 8 giugno 2015

Giubbetti antiproiettile e addestramento professionale, quale standard di sicurezza per gli operatori di Polizia?

Ogni ambito lavorativo, pubblico o privato che sia, presuppone in capo al datore di lavoro l’obbligo di garantire condizioni di impiego tali da preservare la salute e la sicurezza del lavoratore, anche attraverso la fornitura di adeguante dotazioni personali e l’attuazione di qualificati percorsi di formazione e addestramento.
In evidente distonia con il richiamato assunto appare la scelta del Dipartimento della P.S. – almeno alla luce di quanto appreso – di procedere a breve, nell’ambito delle dotazione per la sicurezza del personale, alla distribuzione di nuovi giubbetti antiproiettile non rispondenti ad adeguati standards  di sicurezza, fra l’altro in una quantità insufficiente a soddisfare le effettive esigenze degli Uffici, prevedendo un numero inferiore a quelli già in uso ed in scadenza nell’anno in corso.

Il tutto sarebbe originato da inaccettabili logiche di risparmio di spesa, che se confermate, sarebbero particolarmente gravi e inquietanti, specie in un momento come questo che stiamo vivendo di allarme terrorismo.
In particolare sembrerebbe che tali giubbetti non sarebbero in grado di riparare dai colpi di un  fucile Kalashnikov AK 47, ma avrebbero solo una “tolleranza” non superiore a quella di un colpo d’arma da fuoco calibro .357, sempre a condizione che siano stati tenuti in buono stato di conservazione, non abbiano subiti urti, non siano stati esposti a umidità e raggi solari. Senza tralasciare l’aspetto che il giubbetto deve essere della giusta taglia dell’operatore chiamato a indossarlo.
Per assurdo sembrerebbe che una persona colpita dal colpo di un fucile Kalashnikov AK 47, che  indossa un giubbotto antiproiettile come quelli attualmente in dotazione, rischierebbe maggiori danni
per via della eccessiva potenza di perforazione del proiettile che, dopo aver passato la prima piastra del giubbotto, si deforma ed inizia a rimbalzare tra la prima e la seconda piastra dello stesso, in seguito del cosiddetto “effetto frullatore”.
Passando poi ad esaminare l’attuale formazione del personale, va detto che necessiterebbe fare
un salto di qualità, prevedendo metodologie più innovative, quale, ad esempio, l’utilizzo di armi “soft
air” e percorsi formativi nuovi, come l’addestramento in squadra (come avviene per i Reparto Speciali), atti a garantire un’operatività adeguata agli eventi “ordinari” e straordinari (come un  attacco terroristico) che si possono palesare nell’attività di Polizia.
Per quanto detto codesto Ufficio è pregato di interessare, con l’urgenza che il caso richiede, le articolazione del Dipartimento della P.S. preposte, al fine di assicurare al personale di Polizia condizioni di lavoro – inteso anche sotto il profilo delle dotazioni e della formazione - adeguate ai compiti e all’esposizione al rischio in cui giornalmente è chiamato a operare.
In attesa di un tempestivo riscontro, si inviano cordiali saluti.

La Segreteria Nazionale