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giovedì 18 ottobre 2012

La lettera della Segreteria regionale SILP CGIL del Veneto a proposito della vicenda di Cittadella (PD)

I giudizi affrettati e mossi dall'emozione di vedere un bambino straziato, conteso tra genitori portatori di una sofferenza così incontenibile da varcare il limite della propria esistenza, l'azione di una giustizia che quando opera a tutela dei minori si muove su un terreno pieno di mine, l'uso spregiudicato che i media fanno di frammenti della nostra esistenza, impongono una riflessione profonda. E' doveroso, per restituire dignità personale e professionale alla collega e nostra dirigente sindacale, diffondere la toccante lettera dalla nostra struttura regionale del Veneto. Una vicenda, quella di Cittadella, che deve servirci da insegnamento, nonostante il dolore che quotidianamente accompagna la nostra professione, che ci mette di fronte ad un bimbo che piange, ai ragazzi della Diaz, ai lavoratori dell'Alcoa, agli immigrati e ai deboli.

L’APPARENZA INGANNA
Lo scorso 10 ottobre a Cittadella (PD) è stato eseguito un provvedimento dell'autorità giudiziaria minorile di Venezia che disponeva il prelevamento da parte del padre di un bambino di dieci anni. Affinché l'atto potesse avvenire, dopo alcuni tentativi compiuti presso l'abitazione della madre falliti per l'opposizione del bambino stesso e dei familiari di parte materna, l'autorità giudiziaria aveva disposto che il prelevamento avvenisse "in ambiente neutro", ovvero la scuola elementare frequentata dal ragazzo. Il tutto a cura del padre che per l'occasione era assistito da personale dei Servizi Sociali di Padova e dallo psichiatra di nomina giudiziaria. A disposizione, come in altri simili casi, la forza pubblica, nell'occasione costituita da personale dell'Ufficio Minori della questura di Padova guidata dall'Ispettore Capo responsabile dell'ufficio da oltre cinque anni.
I fatti, sempre dolorosi quando vedono genitori impegnati per anni in durissimi scontri giudiziari, sono stati documentati dai familiari della madre e immediatamente girati ad una prestigiosa trasmissione televisiva.
Lo stesso evento era stato opportunamente video-ripreso dalla polizia scientifica che spesso accompagna l'esecuzione dei provvedimenti della magistratura. Ora quel video è al vaglio della Procura della Repubblica di Padova che saprà interpretare l'effettivo svolgersi dei fatti.
Il programma televisivo, è la nostra convinzione, non ha operato con lo scrupolo necessario, altre volte ben dimostrato, violando alcune fondamentali regole del giornalismo che impongono la verifica delle fonti, la loro attendibilità, la ricerca di altre fonti che possano riferire sul medesimo fatto. Quali verifiche sono state fatte per contestualizzare gli avvenimenti, per individuare i vari, diversi, soggetti, le istituzioni presenti sul posto, i mezzi utilizzati, insomma, per capire cosa si stava per mandare in onda? Nulla di tutto questo è avvenuto!
E' chiaro che così agendo e trasmettendo quelle scellerate immagini, le reazioni non potevano che essere quelle a cui abbiamo assistito.
Chiariamoci bene: se operatori istituzionali, poliziotti per primi, commettono errori (opportuno distinguere se per dolo, quindi con coscienza e volontà, o per colpa, ovvero per errata valutazione delle conseguenze che dall'azione possono derivare), devono rispondere delle proprie azioni. Detto questo, ci sia consentita una domanda: quanta violenza hanno generato quelle immagini non contestualizzate, nelle migliaia di bambini che hanno "subito" il video mentre erano occupati a vivere le loro vite? Quanta violenza è stata fatta loro per asservire un irrefrenabile diritto di cronaca? Ammesso e non concesso che il video fosse obiettivo e tutta la violenza fosse da attribuire alla 
polizia, così come il video fa credere al pubblico televisivo, era necessario infierire su migliaia di bambini, anche su quelli che, purtroppo, vivono situazioni similari a quelle del bambino di Cittadella?
Se la famiglia della madre riteneva di dover denunciare le violenze subite dal ragazzo, aveva il dovere di riferire i fatti all'autorità giudiziaria e rendere disponibile il video ai mezzi di informazione tramite un legale o una associazione di tutela dei minori, insomma, mettendo un cuscinetto tra il proprio dramma e il pubblico televisivo, perché ad una violenza non si risponde con altra violenza!
Ma proseguiamo. Come Silp per la Cgil nella vicenda siamo coinvolti non per un aspetto ma per diversi, differenti aspetti. Perché conosciamo i colleghi che hanno operato, e li conosciamo bene! E per prima, tra di loro, conosciamo l'Ispettore che, senza riguardo alcuno per il contesto nel quale si è trovata ad operare, è stata violentata con la messa in onda delle parole ".. io sono un ispettore di polizia…. lei non è niente …".
L'Ispettore è dei nostri, è del Silp per la Cgil e non è solo una iscritta, ha un ruolo nei nostri organismi. Noi, che la conosciamo, sappiamo quanto sia stata infangata, quanto ciò che appare in un frammento video sia l'opposto della sua storia, della sua professionalità, della sua cultura.
Ma a che serve tentare di chiarire quando si viene infilati a forza nel tritatutto mediatico! E allora, per proseguire in un tentativo di pacata analisi, vogliamo dire: nulla di quello che appare nel video corrisponde alla realtà dei fatti, innanzitutto per quanto riguarda l'intervento della polizia: chi trascina per i piedi il ragazzo è il padre, chi lo solleva per le spalle è un poliziotto che impedisce il trascinamento a terra, entrambi ostacolati fisicamente dal nonno materno, che aggrava pericolosamente il vissuto del nipote! Il ragazzo viene caricato sull'auto, non della polizia, ma dei servizi sociali di Padova.
Qualcuno si è chiesto perché zia e nonno materni, assieme alla madre stessa, hanno militarizzato la vita del bambino, accompagnandolo tutte le mattine a scuola e sorvegliando dall'esterno, quando addirittura non riportandolo a casa se avevano il timore che il padre fosse in zona per eseguire l'ordinanza dei giudici? Perché hanno pervicacemente disatteso innumerevoli volte le disposizioni dei magistrati, impedendo misure adottate dal Tribunale per i Minorenni e confermate da altri organi giudiziari a esclusiva tutela del minore? Perché erano disposti, come lo sono stati quella mattina, a ingaggiare uno scontro anche fisico con numerosi e differenti rappresentanti dello Stato? Se passa questa visione la prospettiva è la barbarie! Dove ognuno pensa a sé e si fa giustizia secondo canoni propri, disconoscendo quelli assunti dalla società alla quale appartiene!
A noi del Silp per la Cgil non spaventa nulla, nemmeno discutere degli errori che appartenenti alla nostra istituzione, la Polizia di Stato, in taluni casi hanno commesso perché, prima che poliziotti siamo cittadini. 
Non abbiamo mai esitato a esprimere nitidamente il nostro pensiero in occasione di gravi episodi che hanno visto protagonisti dei poliziotti, Genova 2001 vale per tutti! Non possiamo però sottrarci dal denunciare, anche in questo caso, l’autentico fallimento di una intera classe dirigente: nessuno più, pur detentore di competenze e ruoli, esercita fino in fondo il proprio compito. Sempre più spesso si assiste al venire meno dai propri doveri, lasciando che siano altri, troppo spesso magistrati e forze di polizia, a dover supplire alla inettitudine di molti. Si tratti di esodati, degli operai dell’Ilva, degli insegnanti precari o degli studenti senza futuro, degli accampamenti nomadi o, come in questo caso, di minori. Che poi qualcuno, almeno per senso del dovere e rispetto del ruolo ricoperto, anziché favorire il chiarimento, si prodighi in intempestive scuse, aggiunge amarezza a un compito sempre più difficile. E' per questo, è con questo animo, che non siamo intervenuti prima, fatta eccezione per una breve ed essenziale dichiarazione della segreteria nazionale lo scorso 12 ottobre. Non sarebbe servito a nulla anzi, avrebbe aggiunto benzina ad un incendio già divampato. Per questo, pur non criticando gli interventi di altri sindacati di polizia, abbiamo seguito una via differente, attendendo che la polemica lasciasse un po' di spazio, almeno un po', al ragionamento, per cercare, con chiunque lo voglia, con animo costruttivo, di capire cosa è accaduto, quali i fatti e quali le responsabilità. Noi vogliamo ragionare, per capire e per farci capire, per rafforzare il legame tra istituzioni, società e singoli cittadini, non per arroccarci in una difesa corporativa né per disprezzare alcuno.
Insomma, siamo disponibili al compito più difficile sempre, più che mai nell'Italia di oggi: conoscere per comprendere e capire per crescere. Insieme. 
Buon futuro. 
Venezia, 16 ottobre 2012 
La Segreteria Regionale SILP per la CGIL