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martedì 20 novembre 2012

Il regista Ken Loach diserta il 30° Torino Film Festival di Torino: 'Sto con i lavoratori'

Il regista Ken Loach non ritirerà il premio al 30° TFF per protesta contro i licenziamenti.


"E' con grande dispiacere che mi trovo costretto a rifiutare il premio che mi è stato assegnato dal Torino Film Festival", dichiara Ken Loach rispetto al Premio Gran Torino che non ritirerà alla manifestazione cinematografica. "Il  licenziamento di persone", "l'esternalizzazione dei servizi svolti da lavoratori con salari più bassi".

"E' con grande dispiacere che mi trovo costretto a rifiutare il premio che mi è stato assegnato dal Torino Film Festival, un premio che sarei stato onorato di ricevere, per me e per tutti coloro che hanno lavorato ai nostri film". Loach ha sollevato: "la questione dell'esternalizzazione dei servizi che vengono svolti dai lavoratori con i salari più bassi".

"I festival - dice nella lettera il regista di My name is Joe - hanno l'importante funzione di promuovere la cinematografia europea e mondiale e Torino ha un'eccellente reputazione, avendo contribuito in modo evidente a stimolare l'amore e la passione per il cinema. Tuttavia, c'é un grave problema, ossia la questione dell'esternalizzazione dei servizi che vengono svolti dai lavoratori con i salari più bassi. Come sempre, il motivo é il risparmio di denaro e la ditta che ottiene l'appalto riduce di conseguenza i salari e taglia il personale. E' una ricetta destinata ad alimentare i conflitti - continua Loach - Il fatto che ciò avvenga in tutta Europa non rende questa pratica accettabile. A Torino sono stati esternalizzati alla Cooperativa Rear i servizi di pulizia e sicurezza del Museo Nazionale del Cinema (MNC). Dopo un taglio degli stipendi i lavoratori hanno denunciato intimidazioni e maltrattamenti".

"Diverse persone sono state licenziate. I lavoratori più malpagati, quelli più vulnerabili, hanno quindi perso il posto di lavoro per essersi opposti a un taglio salariale. Ovviamente é difficile per noi districarci tra i dettagli di una disputa che si svolge in un altro paese, con pratiche lavorative diverse dalle nostre, ma ciò non significa che i principi non siano chiari".

"In questa situazione l'organizzazione che appalta i servizi non può chiudere gli occhi, ma deve assumersi la responsabilità delle persone che lavorano per lei, anche se queste sono impiegate da una ditta esterna. Mi aspetterei che il Museo, in questo caso, dialogasse con i lavoratori e i loro sindacati, garantisse la riassunzione dei lavoratori licenziati e ripensasse la propria politica di esternalizzazione. Non è giusto che i più poveri debbano pagare il prezzo di una crisi economica di cui non sono responsabili".

"Abbiamo realizzato un film dedicato proprio a questo argomento, 'Bread and Roses'. Come potrei non rispondere a una richiesta di solidarietà da parte di lavoratori che sono stati licenziati per essersi battuti per i propri diritti? Accettare il premio e limitarmi a qualche commento critico sarebbe un comportamento debole e ipocrita - conclude la lettera -. Non possiamo dire una cosa sullo schermo e poi tradirla con le nostre azioni. Per questo motivo, seppure con grande tristezza, mi trovo costretto a rifiutare il premio".