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venerdì 25 ottobre 2013

Un delegato deve saper ascoltare

Nico Malossi, Umbra Cuscinetti. "Ogni giorno mi vengono a cercare, chiedono consiglio, si confidano anche su situazioni personali. E da loro sento storie che sembrano uscite fuori dagli anni '50".

“Faccio il delegato sindacale in un'azienda in cui lavorano 700 persone, un'azienda che va bene, nella quale molti vorrebbero lavorare. Ma questo non significa che i lavoratori qui da noi non abbiano problemi nelle loro vite quotidiane. Ogni giorno mi vengono a cercare, chiedono consiglio, si confidano anche su situazioni personali. E da loro sento storie che sembrano uscite fuori dagli anni '50, ma che invece avvengono oggi, proprio qui, nel nostro territorio”.
Fare il rappresentante sindacale ai tempi della crisi significa anche questo, anche in una realtà sana come la Umbra Cuscinetti, dove lavora Nico Malossi, 38 anni, sposato con due figlie, membro della Rsu eletto nelle liste della Fiom Cgil. Nico svolge questo ruolo con impegno e dedizione ormai da 6 anni: “Essere delegato ti permette di avere un punto di vista privilegiato su tutto quello che accade in azienda – spiega - devi relazionarti con tutti, dall'amministratore delegato all'operaio che è entrato il giorno prima, quindi hai una visione complessiva. Ma tu ci devi mettere tanto impegno e tutta la disponibilità necessaria ad ascoltare i colleghi, anche quando la pensano diversamente da te o appartengono a una diversa cultura sindacale”.
E, come detto, ascoltando, ogni tanto ci si imbatte in storie che si pensava appartenessero ad un passato ormai lontano. Sono storie di quotidiana ingiustizia, che specialmente negli ultimi anni di crisi si sono riaffacciate con prepotenza nella quotidianità italiana. “Mi raccontano della moglie, che magari lavora in nero e non ha diritti, mi raccontano dei figli sottopagati, con lavori che sai quando entri ma non quando esci – spiega ancora il delegato della Fiom – lavori che magari fino a qualche anno fa tutti avrebbero rifiutato, ma che oggi invece si tengono stretti, perché là fuori non c'è altro”.
E infatti, alla Umbra Cuscinetti c'è la fila per chiedere lavoro. Perché nella grande fabbrica di Foligno (la più grande del comprensorio, una delle più grandi della regione) i diritti sono rispettati e la paga a fine mese garantita. “Ma i lavoratori non sono tranquilli lo stesso – insiste Malossi – non lo sono per esempio quando pensano alla pensione, dopo la riforma Fornero che ci ha tagliato le gambe e contro la quale anche la risposta del sindacato non è stata sufficiente”. Il carovita e l'aumento della pressione fiscale “che si mangiano sempre più il nostro potere d'acquisto” e più in generale una “sfiducia crescente nella possibilità che questa politica cambi le cose”, sono i sentimenti ormai più diffusi tra i lavoratori, anche alla Umbra Cuscinetti.
E poi ci sono le divisioni sindacali, altra fonte di preoccupazione. “Non è un caso che gli ultimi rinnovi contrattuali non abbiano saputo difendere i nostri redditi – prosegue il delegato Fiom – e di questo c'è consapevolezza tra i lavoratori. Perciò come Fiom chiediamo da tempo una legge sulla rappresentanza”. Per fortuna, all'interno della Umbra invece i rapporti tra organizzazioni e soprattutto tra delegati sono sempre stati positivi, come lo sono le relazioni con l'azienda, “anche se questo magari comporta vedersi qualche volta di più”, osserva Malossi.
E questo è il maggiore motivo d'orgoglio per il delegato Fiom Malossi: "Siamo la dimostrazione che Marchionne ha torto marcio e che si può fare impresa con successo in Italia, con una proprietà legata al territorio e rispettando i diritti dei lavoratori e del sindacato, pure della Fiom".
 
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